Associazione "La Mano Sulla Roccia"

6° INCONTRO DEL 26-02-2020 al “Giardino del Poeta” - Trascrizione

6° INCONTRO DEL 26-02-2020 al “Giardino del Poeta” - Trascrizione

 

 

Questa sera voglio parlarvi... dell'antibiotico. Il coronavirus non è un problema. Il problema sono le persone. Il coronavirus ha una capacità enorme di sopravvivenza. Alle persone, invece, capita di entrare in una disconnessione. Questa si verifica quando il soggetto va incontro a depersonalizzazione che è anche derealizzazione.

Questi due aspetti, depersonalizzazione e derealizzazione denotano la dissociazione del soggetto che non riesce più a leggere la realtà così com'è, e non riesce più a leggere sé nella relazione che si verifica tra il sé e il non sé.

Quando il soggetto non ha un contorno ben delimitato, si confonde col non sé ed entra in angoscia. Che cos'è l'angoscia? E' esattamente una situazione in cui si può trascendere nel panico. Che cos'è il panico? Il panico è uno stato acuto della paura e può essere primario o secondario. Quello primario nasce proprio da questa difficoltà di essere confuso con il non sé. Se il soggetto non è ben identificato tra il sé e il non sé, ha paura di essere risucchiato dal non sé e questo risucchio gli produce un'angoscia che genera un panico incontrollabile. Con una persona in stato di panico non è possibile ragionare perché è dissociata, non si colloca nella situazione.

In breve: tra il sé e il non sé (che è il seno materno) abbiamo la prima relazione, la strutturazione iniziale. Se questa strutturazione non avviene bene, il soggetto ha sempre paura. Una seconda causa acuta del panico è la paura dell'omosessualità, della non identificazione sessuale per cui uno entra nell'angoscia di poter essere violentato da uno dello stesso sesso o perché non è ben identificato.

Queste sono le prime due radici che portano al panico che si manifesta con diverse sintomatologie: ipersudorazione, pallore, tachicardia, irrequietezza, ecc.

C'è poi una malattia collettiva che si chiama "psicosi". Quando si entra nella psicosi si va nel panico generale e non si ragiona più con nessuno.

Anticipando il coronavirus, la volta scorsa vi ho parlato della morte e del coraggio di vivere. Avere il coraggio di vivere vuol dire affrontare la morte sapendo che questa non ha alcun potere su di noi. Questo principio è affermato da Colui che si è definito "via, verità e vita" (Gv 14,6). Il pericolo non sta nel coronavirus, ma nella mancanza del coraggio di vivere. Senza il coraggio non si può vivere.

Vi leggo da 1G (4,18): "Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore".

Dunque, chi teme il castigo non è in una relazione d'amore. O c'è l'amore o c'è il timore. Sono due poli in opposizione, non possono coesistere in riferimento allo stesso oggetto.

Se amo una persona, questa non può generarmi timore. Se ho timore, vuol dire che non l'amo. Se pongo quella persona dentro di me ed ho paura, vuol dire che io non mi amo.

Ma se l'altro mi risponde con l'odio? Ho detto in precedenza che amore ed odio non possono coesistere in riferimento allo stesso oggetto. Se l'altro è minaccioso nei miei confronti, succede perché io con quello non voglio avere niente a che fare. Se però faccio un lavoro di dissociazione e rivesto quella persona della identità non della singola realtà personale, ma di Cristo che mi ama, quella persona non mi è più odiosa. Questo è il punto nodale.

Esempio: se io stabilisco una relazione con Rosaria, ma Rosaria mi odia, io non posso entrare in relazione con l'odio, però posso rivestire Rosaria odiosa dell'amore che Gesù Cristo mi ha portato amandomi più di ogni altra cosa.

"Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13)...

E Lui ha dato la vita...

Nel momento in cui io registro che il mio essere è amato e voglio stabilire una relazione d'amore nei confronti di Rosaria, io lo farò per stabilire una relazione con Colui che mi ama infinitamente. Quindi, non vado a vedere i meriti di Rosaria (che non ha perché mi ha sempre odiato), ma se riesco a rivestirla di Cristo, io stabilisco una relazione con Cristo.

"Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt. 25,40)...

E' fondamentale del cristianesimo. Per questo i primi cristiani amavano anche i nemici.

Ma non si può confondere l'amore con la compassione che è solo prendersi cura dell'altro?

Il discorso è complesso e difficile. L'amore è totale. Si basa sull'aspetto erotico, di philìa, di attrazione, di comunicazione, di partecipazione e fruizione. Questo si verifica nella persona che ha già raggiunto un livello di amore per sé per cui tutta la propria realtà ha raggiunto una maturazione tale da potersi offrire all'altro non perché questi continui ad odiarla, ma perché l'altro cominci ad amarsi e non si fermi solo al suo guscio, perché l'amore per sé, da parte dell'altro, passa per l'amore globale per cui l'altro al quale mi rivolgo, nel momento in cui è amato da me, deve esserlo al punto tale da suscitargli il piacere di amarmi.

Quindi, la risposta in amore si verifica quando l'altro ha raggiunto i livelli di consapevolezza e di accettazione del sé tanto da potermi offrire la sua ricchezza. Allora c'è una reciprocità. Gesù infatti, dice di amarci scambievolmente, ma anche di amare il nemico intendendo per tale uno che è in grado di diventare un amico che scambi con te l'amore.

Ma se chi ti sta vicino ti vuole uccidere? Se continua ostinatamente a farti del male?

Ci sono persone che stanno nell'esercito, c'è stato chi premendo un bottone ha sganciato un'atomica che ha fatto 150.000 morti. Uno che sta a quel livello, si è venduto come persona perché non si possiede in alcun modo. Il problema grosso è che noi viviamo in una struttura societaria nella quale l'alienazione è diffusissima. L'alienato perde se stesso ed è normale che poi farà morti e feriti... Però proviamo a domandarci che investimento facciamo noi per formare le persone all'amore. Questo è il discorso! Prendete le strutture cosiddette "educative" e vedete come schiavizzano gli educatori con imposizioni... Questo porta la società umana al binario dell'alienazione, dove cioè, la consapevolezza identificativa del soggetto non si verifica ed allora è normale che quello ti derubi, ti aggredisca e ti violenti, ma che cosa è stato fatto per far cogliere alla persona il valore dell'amore nella reciprocità?

Una volta ho fatto un corso in un carcere per dare ai detenuti qualche idea su cui riflettere. Le carceri sono luoghi di "rieducazione" (perché non c'è stata precedentemente l'educazione). Mentre parlavo, uno dette un pugno ad un altro e tutti finsero di non aver visto niente. In una struttura costrittiva qual è il carcere, è difficile fare un discorso di rieducazione perché i detenuti già stanno in una situazione di celata aggressività per cui evitano la violenza solo perché aumenta la punizione.

Cerchiamo di capire come negli agglomerati umani di 22 milioni di persone in una città, quali relazioni di reciprocità si possono avere... Se c'è del buono per crescere in una situazione umanizzante...

Allora, quando leggo: "Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore", io mi interpello: "Che cosa posso fare perché le persone entrino in una dimensione di benessere legata al fatto che uno che cresce conquista una sua padronanza, una sua libertà ed è in grado di dare all'altro l'opportunità di vivere bene con sé?".

Il messaggio più diffuso è il "do ut des" che significa che io non vedo più te, ma quello che mi dai. Allora non ti amo perché sei amabile, ma perché voglio che tu sia funzionale a me. Bisognerebbe anche dire: "Ti amo, perciò ho bisogno di te" e non: "Ho bisogno di te, perciò ti amo", perché in questo caso io ti strumentalizzo, ti utilizzo, tu mi servi ed io ti depersonalizzo, ti derealizzo. Se tolgo la tua identità, io, senza volerlo, mi privo di una ricchezza che non troverò da nessun'altra parte. La ricchezza di una persona che è quella di essere unica ed irrepetibile, io la posso avere se le do la condizione per esprimersi nella sua ottimizzazione.

Se ribaltate una U (∩), alle basi mettete da una parte l'attenzione e dall'altra il rendimento. Maggiore è l'attenzione, maggiore è il rendimento. Se l'attenzione diventa tensione, si blocca il rendimento. Se la tensione diventa ansia, il rendimento retrocede. Se l'ansia diventa panico, il rendimento precipita. Se arriva ad essere disperazione, il rendimento si azzera.

Per ottenere il rendimento è necessario che ci sia una condizione di distensione. Le maestre che riescono a creare nell'aula un clima distensivo, hanno come risultato un più facile apprendimento da parte degli alunni. Se c'è un clima di terrorismo, i bambini non apprendono. Quelli che stanno in un istituto, hanno due o tre anni di ritardo rispetto agli altri perché vivono in un clima di terrorismo in quanto c'è la punizione sempre pronta ogni volta che si trasgredisce ad un regolamento che non è naturale.

Gesù, con un po' di buona volontà, mise insieme 12 persone scegliendole non tra le persone strutturate, ma tra quelle destrutturate perché più facilmente malleabili, meno rigide. I dottori della legge erano quelli che avevano già un'acquisizione di posizione senza nessuna possibilità di metabolizzazione. Non si mettevano in alcun modo in discussione.

Questa realtà porta i soggetti ad un irrigidimento tale per cui l'omeostasi che consente al vivente di mantenere il proprio equilibrio non si mette assolutamente nella trasformabilità per integrarsi. Se non si trasforma e non si integra, il soggetto produce una situazione di tensione. Fondamentalmente, se voi litigate con una persona, create tensione. Se si crea tensione, l'altro si mette in una posizione difensiva. Il panico di cui si parlava prima, è una situazione acuta con tutti gli effetti collaterali da cui il soggetto pensa di non poter fuggire, né di poter affrontare. Queste sono due regole fondamentali del vivente. Si attacca quando si prevede di vincere; si fugge quando si prevede di subire.

Quando si verificano dei fenomeni eclatanti dove si pensa di non poter avere alcun dominio su di essi, il soggetto entra nel panico, perde sé, e a quel punto non capisce più niente.

Una persona violenta, che uccide, che fa del male all'altro, fondamentalmente è una che si violenta. Quando si dice che S. Francesco parlava col lupo, simbolicamente significa che se io porgo l'opportunità all'altro di essere disteso, l'altro si calma. Il cane normalmente abbaia ed aggredisce la persona che ha paura e che secerne ormoni che sono adrenalina. Il cane sente l'adrenalina e si difende. Ma se la persona riesce e stare tranquilla, serena e rilassata, anche il cane lo è perché non ha alcun interesse ad aggredire.

L'essere umano è un animale ragionevole. Le leggi dell'istintualità non riguardano solo gli animali, ma anche l'uomo.

In psicologia comparata se si mette un topolino a girare in due gabbie dove c'è in una il formaggio e nell'altro una scarica elettrica, il topolino si butta dove sente l'odore del formaggio, ma va a finire nella scarica elettrica da 12 volt e si ritira. Dopo un po' impara a buttarsi prima nella gabbia del formaggio. Se mettete due volte il formaggio in una gabbia e una volta nell'altra gabbia, ripetendo questo movimento in continuazione, il topolino apprende il movimento. Se, invece, lo mandate allo sbaraglio non facendogli capire che cosa avete in mente, e lo fate sbagliare in continuazione, il topolino si butta a casaccio, non elabora più uno schema e se sbaglia sempre, arriva alla conclusione di non provarci più lasciandosi morire di fame.

Se applicate questo all'uomo, avviene la stessa cosa. Se un uomo viene provocato in continuazione, all'inizio trova una via d'uscita, poi se questa non è facilmente raggiungibile, va allo sbaraglio. Se vede solo negatività, rimane nell'immobilismo come fa lo scarafaggio che quando è in pericolo si ferma e si finge morto. L'uomo ha qualcosa in più: la libertà. Però può usarla anche contro di sé. E' difficile che un animale si suicidi. L'uomo lo fa e non solo singolarmente, ma anche collettivamente. Provate a pensare a quanto l'umanità spende per suicidarsi, perché quando si fanno le guerre, nessuno resta senza ferite. Però queste cose non si possono dire, altrimenti si va ad intaccare un sistema alienato ed alienante per cui i giovani fanno la domanda per andare a fare il servizio militare. Questo vuol dire scegliere la via delle armi. Nell'esercito ci sono anche i cappellani militari a giustificare e sacralizzare la scelta militare...

Allora, dobbiamo cercare di vedere se amore e timore possono convivere nello stesso polo. Ognuno deve trovare il proprio modo nella situazione particolare in cui si viene a trovare. Anche la relazione tra un figlio e un genitore può essere problematica, anche tra marito e moglie, ma non si può pretendere che uno sia sempre cedevole perché questa cedevolezza lascia l'altro in uno stato di solitudine in quanto se uno dice sempre di sì, non si saprà mai che cosa pensa e che cosa vuole veramente. Quindi, una relazione che sia sempre annuente, non è una relazione, ma una protesi dell'uno mentre l'altro è un prolungamento che non ha alcuna identità. Il soggetto ben identificato, nel momento in cui vuole entrare in relazione con l'altro, non lo trova perché non c'è in quanto è stato totalmente depersonalizzato, è stato svuotato della sua identità e della sua preziosità per cui non entra in relazione e, quindi, la solitudine è dell'uno e dell'altro. In una situazione di solitudine subentra il massimo della frustrazione che genera l'aggressività. Questa, quando raggiunge il culmine, porta il raggio minore e si scarica sul soggetto stesso che diventa una mina vagante.

Essere aggressivi non vuol dire prendere a schiaffi qualcuno per strada. L'alta aggressività si verifica anche in un soggetto depresso. La depressione, infatti, è una forma di aggressività elevatissima che il soggetto scarica su di sé. Un depresso in una famiglia genera depressione in tutto il gruppo familiare.

Quindi, bisogna che ognuno si chieda: "Ma io come mi amo se mi metto in una situazione di depressione in cui non rido mai e non gioco mai?". Ci sono persone che passano la vita a piangere al cimitero e che considerano una relazione di alto livello con i defunti, quella di far accendere più luci sulle lapidi nelle ricorrenze festive...

Oggi ci si preoccupa perché non si può celebrare la Messa a causa del coronavirus e vogliono trasmetterla sul web. Ma il problema non è la Messa in chiesa o sul web, ma le persone che pensano di offendere Dio se non vanno a Messa, però non si preoccupano di offenderlo dando soldi (le tasse) per la guerra. C'è confusione e questa rimanda sempre alla scarsa identificazione perché il soggetto non bene identificato in sé si confonde con il non sé e, quindi, va in angoscia e in depressione.

Se c'è timore, non c'è amore - abbiamo letto prima. L'amore vero è molto difficile, perciò S. Giovanni ne parlava sempre. L'amore non è scontato neanche tra madre e figlio. Un drogato fa cose tremende. Ma il drogato non è solo il tossicodipendente. Anche il fissato è un drogato, anche un religioso che fa le... crociate è un drogato perché è depersonalizzato. Ci vuole poco per crescere e, una volta cresciuti, non si può lasciare quello accanto che non è cresciuto, ma lo si aiuta a crescere, se lo vuole, altrimenti, come dice il Vangelo: "Scuotete la polvere dai vostri piedi e andate altrove" (Mt 10,14). Cioè, pedagogicamente, dobbiamo entrare nella metodologia del come amare. Se uno non capisce, bisogna di esperire vari modi per farglielo capire. Se poi non capisce proprio, allora bisogna rinunciare.

Ma non bisogna mai pensare di dover crescere per aiutare gli altri. Se cresciamo, automaticamente non possiamo che aiutare l'umanità. Se io mi realizzo, la mia realizzazione passa per la finalità della comunicazione che è quella del linguaggio ontogenetico. Cioè: io intanto mi realizzo, in quanto riesco a comunicare e per questo non posso che avere un linguaggio ontogenetico. L'altro, così, può prendere l'iniziativa di comunicare, a sua volta, il suo linguaggio ontogenetico per realizzarsi.

Non bisogna, quindi, avere la mentalità... missionaria. Se io mi propongo di voler far realizzare l'altro, io lo escludo dal valore, lo metto fuori uso. Ci si realizza esprimendoci entrambi.

Qualche volta l'aiuto viene respinto, altre volte richiesto ad oltranza. Ma la persona non deve mai essere depersonalizzata. Deve solo avere l'opportunità di realizzarsi e questo avviene con il linguaggio che, anziché essere aggressivo implicitamente o esplicitamente, o competitivo o passivo (parla, ma non ti ascolto) o assertivo (io dico la mia e tu dici la tua), è importante che sia prosociale (io non solo dico la mia e ti lascio dire la tua, ma ti facilito perché tu possa esprimerti).

Ma amare chi ti odia, chi ti disprezza, chi è pronto a farti del male è veramente richiesto al cristiano? Come si fa?

Nessuno può rispondere ad una persona che vive determinate esperienze, perché l'atto avviene nella dialogalità tra il soggetto e l'ambiente di riferimento: è quella mamma con quel figlio; è quella moglie con quel marito... E nella relazione le variabili che intervengono sono talmente tante! Quando capita che una persona non vuole entrare in alcun modo in relazione, allora si scuote la polvere come dice il Vangelo.

La radicalità ontica è un elemento che ci trascina all'essenzialità e non all'accidentalità. La nostra società è caratterizzata prevalentemente dall'apparenza e non dalla sostanza. In America ci si presenta in base al denaro posseduto e non a quello che si è. Questo si diffonderà anche altrove e penetrerà a tal punto che non ce ne accorgeremo più perché saremo alienati ed alienanti.

Se un bambino piccolissimo già non si stacca dal cellulare, che farà da grande? Ma se il bambino prende gusto a giocare con il papà, non pensa al cellulare perché scopre la bellezza della relazione. Se non ha interesse alla relazione perché non si accorge che c'è un flusso amatorio, allora ricorre al giuochino e si aliena.

Il discorso di fondo è quello della formazione della persona. Noi questo fine non ce lo prefiggiamo più né per noi né per gli altri e nemmeno per le persone che contattiamo. Quanto valore diamo ai discorsi che facciamo tra di noi per la crescita e la conquista della libertà dove per tale non si intende fare quello che si vuole? Spesso si usa la parola "anarchia" come termine dispregiativo, ma l'anarchia richiede che la persona abbia una grande capacità di autogestione che è amore. Uno che non è... anarchico non può amare. Nel sistema corrente si pensa all'anarchico come a colui che mette le bombe... Invece, l'anarchico è uno che non ha bisogno che un altro gli dica che cosa fare perché l'ha già maturato lui secondo il livello della sua crescita che è composta da eros, philia e agape per cui può diffondere e creare un clima di familiarità distensiva che è l'ottimizzazione del rendimento. Una volta che ha ottimato il rendimento, l'altro ha un godimento, ha un vantaggio a stare bene. Non ha nessun interesse a derubare e ad andare in carcere.

Ma l'anarchico è sicuro di stare nel giusto? Le stabilisce lui le regole?

Una cosa è giusta quando è secondo lo ius, il diritto, cioè quando arriva al fine, quando mi fa conseguire quello che è l'ordine naturale. Esempio: gli occhi sono fatti per vedere, le orecchie per sentire, le gambe per camminare, ecc.. Se io rispetto questa mia naturalità, io rispetto il mio diritto. Chiunque intervenga nella mia personalità per deviarmi e farmi capire che è diritto ciò che è storto, anziché avere la forza dell'ordine (cioè ordinato al raggiungimento del fine), mi somministra, invece, l'ordine della forza che non è la stessa cosa.

Allora, una norma è giusta quando corrisponde alla mia naturalità; è ingiusta quando non corrisponde. Un giudice, invece, dice che è giusto quello che è scritto nella legge anche se la legge è ingiusta. Allora abbiamo un capovolgimento del diritto che non è più fondato sul diritto naturale ma sulla legislazione. Oggi questo discorso non attecchisce più. Per questo abbiamo fatto 6 milioni di morti nei campi di sterminio. Quelli che li hanno uccisi, facevano ciò che diceva la legge. Idem per quello che ha lanciato le bombe atomiche...

La legge dovrebbe codificare, invece, il diritto naturale nel dinamismo (non nella fissità).

Questo porta a considerare che all'interno delle fedi, ogni persona ha la sua fede perché ha una relazione intersoggettiva tra sé e la divinità. La lettura della testimonianza di Gesù Cristo nel Vangelo è altamente personalizzata perché tutto ciò che si riceve, arriva secondo la modalità del ricevente. Quindi, tante persone ci sono, tante fedi ci devono essere. Quando noi facciamo un precetto di massificazione e unifichiamo lo svedese con l'africano, l'americano con il coreano, ecc., sbagliamo perché il messaggio è recepito in modo completamente diverso in quanto la personalità scaturisce da tre variabili: il genotipo, il fenotipo e la libertà. Come potremmo pretendere che un bambino napoletano, per esempio, mangi a colazione dei girini vivi come è normale per i cinesi?

Ritornando al discorso dell'amore, molti nella relazione esercitano un potere. Il potere, in quanto tale, è sempre mistificatorio, arrogante e prepotente. Il Vangelo, riguardo a questo, ci dà una lezione splendida quando ci descrive l'incontro con il potere per antonomasia, rappresentato da Ponzio Pilato, con Gesù che riesce a metterlo in crisi in quanto proprio perché lo ama, gli chiede: " Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?" (Gv 18,34). Cioè: "Se lo dici da te stesso, pensaci bene perché il mio regno non è di quaggiù e non è fondato sulla paura. Il tuo è un regno fondato sulla paura dove non ci può essere amore. Per questo sono venuto a dare testimonianza alla verità. Quale? Non quella che sta scritta, perché la tua verità, la tua ricchezza non sta nell'esercitare il potere su di me, ma nel creare un rapporto di amicizia. Se lo vuoi capire, io sono qui!". 

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