
Associazione "La Mano Sulla Roccia"
5° INCONTRO DEL 23-01-2019 al "Giardino del Poeta"
Questa sera vi propongo una metodologia "a sprazzi" (che è molto difficile ) per cercare poi alla fine dell’incontro di congiungerla e di ricavare da queste provocazioni degli stimoli da ricucire.
Questa modalità comporta una dialettica costruttiva, non passiva. In una lezione d’incontro c’è uno che parla e l’altro che ascolta. La modalità "a sprazzi", invece, come dicevo, ha una dialettica costruttiva verificabile al termine del percorso quando ciascuno di noi, tirando le somme, si chiederà cosa è successo nel proprio intimo.
La prima domanda è: Che cos’è il miele? E cosa c’è dietro a questa parola? Il miele non c'è in natura. Dove lo si trova? Aristotele diceva che il miele era il pianto delle stelle, perché lui il luccichio delle stelle lo assimilava al pianto degli dei che è dolce. Plinio il Vecchio, invece, non era d’accordo su questa visione e pensava che il miele fosse la sbavatura degli dei, perché secondo lui, per la fame le stelle emettevano bava che era la saliva degli dei, naturalmente dolce. Virgilio, a sua volta, non era d’accordo né con Aristotele e né con Plinio, ma pensava che il miele fosse nascosto nelle pieghe del vento. Difatti, a quell’epoca a Napoli quando c’era il vento, nell’aria si sentivano odori gradevoli simili a quelli del miele.
Ma se a noi ci chiedono cos’è il miele che rispondiamo? Diamo per scontato che è un prodotto delle api. Ma chi di noi ha mai visto le api fare il miele? Ma siamo sicuri che proprio le api lo fanno? Il miele ha delle caratteristiche straordinarie: una è l’incorruttibilità, cioè non deperisce e si conserva bene. Proviene dal nettare dopo che questo ha perso il 70% dell’acqua. Perché il nettare perde l’acqua? Per ridurre il volume, per conservarsi bene e non subire alterazioni. Ma come fa il nettare a perdere acqua? Le api, tutte insieme, si mettono alla base dell’alveare e, battendo le ali all’unisono, creano un vortice di aria come un phon per essiccare il nettare. Ma in natura il miele chi lo produce? Quando l’ape esploratrice esce dall’alveare, laddove trova molti fiori pieni di nettare, inizia la "danza dell’8", cioè traccia nell’aria un asse centrale e da questo va verso i fiori, fa un giro prima da un lato formando un cerchio e poi dall’altro lato disegnando così un 8 e poi ritorna all’alveare. Quindi l’asse centrale indica la direzione dei fiori . Se i fiori sono molti e ricchi di nettare l’ape esploratrice, muovendo la pancia, dà il segnale all’ape bottinaia che, a sua volta, ricevuto il messaggio, per conto proprio (come facciano non si sa), raggiunge il luogo e dopo aver preso il bottino lo porta all’alveare. Come? Mettendolo nella sacca mellifera che ha davanti allo stomaco.
Ma quando arriva all’alveare come lo depone? L’ape bottinaia, arrivata all’alveare, deposita il nettare con un bacio alla prima ape che incontra che, a sua volta, allo stesso modo, lo passa alla seconda e questa alla terza e cosi via scambiandosi una dopo l’altra il nettare che passa per almeno cento api prima di arrivare al favo.
Ora dovremmo iniziare a trarre delle deduzioni dalle api: a centinaia lavorano in stretta collaborazione e in armonia tra di loro, comportandosi in questo modo così raffinato! Ma per fare queste operazioni devono sapere bene dove attingere il bottino.
Centoquindici milioni di anni fa, nelle foreste tropicali è iniziato a sorgere il nettare nel calice dei fiori. I primi insetti che hanno cominciato a mangiarne sono stati i cetoni, (coleotteri voraci). Questi hanno poi dato spazio alle farfalle e successivamente sono comparse le api che sono emigrate dai tropici adattandosi prevalentemente nella zona italiana, tanto da essere tra le migliori api che ci sono in tutto il mondo. Infatti, il miele italiano è quello più richiesto, perché l’Italia per le sue caratteristiche naturali, ha una quantità di fiori.
Un entomologo russo ha fatto un' indagine particolare sulle api scoprendo la loro capacità di "processare" i prodotti naturali, perché in natura le api sono le uniche (a differenza degli altri animali che mangiano ciò che trovano) a seguire un procedimento facendo la cera con gli escrementi, il miele che serve per il calore ed il nutrimento durante l’inverno quando non ci sono i fiori, e il propoli che usano per riparare l’alveare. Il propoli è anche un ottimo antibiotico naturale usato in terapia omeopatica.
Che meraviglia osservare come degli insetti così piccoli si attrezzano in un modo così straordinario! E non finisce qui! Le api, per tutelare la loro sopravvivenza, si camuffano con i colori dei fiori, tranne che per il rosso perché non lo riconoscono. Ma di rosso in natura ce n'è poco, a differenza del giallo, del blu, del rosa e del viola che le api percepiscono meglio.
Le api sono abilissime a cogliere i movimenti ed entrano in stretta relazione con i fiori che abilmente cercano di catturarle con l’odore perché le api hanno un olfatto molto sensibile tanto da percorrere decine di chilometri contro vento per raggiungere i luoghi fioriti.
L’orchidea stabilisce con loro un rapporto strettissimo: non solo le attira per i colori e l’odore, ma anche per la forma che però l’ape non riesce a vedere nello specifico perché non ha gli occhi ma gli ocelli che sono formati da un insieme di piccoli occhi che colgono i movimenti ma non riconoscono mai una figura. Quindi, se ci capita di trovarci un'ape ad un palmo di naso, per evitare che ci attacchi, è meglio stare fermi.
Ma il fiore che ci guadagna nel catturare l’ape? Il tornaconto del fiore consiste nel fatto che quando l’ape gli va succhiare il nettare, riceve scariche di polline che poi dissemina altrove. Le piante, stando ferme, purtroppo sono legate a certi meccanismi di difesa necessari per mantenersi in essere, non solo nell’individualità ontogenetica, ma anche nella loro sopravvivenza filogenetica, di gruppo. Quindi, per potersi mantenere in essere filogeneticamente, hanno bisogno di riprodursi e nel loro immobilismo come si genera l’incontro dal momento che una è ferma in un posto e un'altra in un altro posto?
Mentre l’uomo di oggi per comunicare sviluppa processi, ma non riuscendo più a incontrarsi con gli altri nelle piazze, ha inventato i social networks restando a volte anche vittima di illusioni, in natura, invece le piante utilizzano delle strategie particolari.
I maschi delle api (fuchi) si possono accoppiare solo con l’ape regina, perché le altre api sono caste. Il "casto" è l’opposto dell’"incesto". L’incesto è l'accoppiamento con un consanguineo, il casto è quello che si accoppia con il distante. Noi abbiamo il concetto deformato che la castità sia deprivazione della sessualità. Non è così, perché una persona può essere sposata, accoppiata ed essere casta. Quindi, quanto più il partner è lontano, tanto più il soggetto è casto, quanto più è vicino tanto più è incestuoso. Se si accoppia con un fratello o un genitore è incesto di primo grado. Allora, "casto" significa "non incestuoso", "incestuoso" significa "non casto". Però su questi giochi di parole si sono formate le culture...
Le api, stavamo dicendo, sono caste. Il fuco per accoppiarsi si avventura nella difficile ricerca dell’ape regina che ha lo stesso odore dell’orchidea. Quindi, scambiando l'orchidea per l’ape, il fuco si tuffa a capofitto nel fiore che lo cattura chiudendo i petali. Il fuco si agita e così viene impollinato. Dopo ventiquattro ore, l’orchidea lo libera ben... infarinato da poter spargere il polline altrove. Ritornato in libertà, il maschio continua l’ostinata ricerca dell’ape regina facendosi catturare ingenuamente un'altra volta da un'altra orchidea e la storia ricomincia.
Le femmine delle api, invece, astutamente arrivano sempre sei, sette giorni dopo che i fuchi hanno trovato il posto. La natura escogita delle strategie straordinarie che per noi sono impensabili!
Perché gli uomini approfittano del lavoro delle api rubando i loro prodotti? In natura questa realtà già esiste. Quando c’è scarsezza di fiori e la riserva di miele è poca, le api hanno escogitato il sistema del furto, cioè di andare a rubare il miele negli altri alveari, che sono però protetti dalle api guardiane.
Un entomologo russo ha fatto uno studio approfondito per capire come si sviluppa il furto tra le api eludendo la sorveglianza delle api guardiane. In effetti, le api... ladre, scaltre, si portano dietro quel minimo di nettare che hanno e lo offrono alle guardiane per... corromperle (un po' come il sistema umano delle "bustarelle"). Creano così confusione tra le guardiane e riescono ad infilarsi nell’alveare rubando quello di cui hanno bisogno.
L’entomologo studiando il loro comportamento, ha scoperto anche che le api si sono adattate in alcune zone formando delle sottospecie che si sono localizzate, poi, in diverse parti del mondo per cui esiste la famiglia di api italiana, spagnola, tedesca, jugoslava. ecc., e, indagando per settori, ha scoperto che le api tedesche sono le più longeve mentre le api italiane sono al primo posto per la corruzione e all’ultimo posto per fedeltà al fiore (come gli italiani). La fedeltà dell’ape è vitale per il fiore, perché quando l’ape incontra un fiore pieno di nettare non lo cambia per tutto il giorno con un altro per non mischiare e disperdere il polline.
Le api italiane sono le meno fedeli perché cambiano spesso fiore. Come si spiega questa infedeltà? Si può trovare qualche spiegazione biologica, come per esempio: le condizioni ambientali in Germania non favoriscono un'abbondanza di fiori come in Italia, quindi le api italiane, avendo più scelta, sono più inclini a cambiare fiore.
Virgilio, come abbiamo già detto, pensava che il miele fosse figlio di Eolo perché ai suoi tempi a Napoli c’era una particolare profumazione nell’aria prodotta probabilmente dai molti agrumeti della penisola sorrentina.
Quindi esiste un qualcosa che accomuna gli animali e gli esseri umani? Queste sono deduzioni che piano piano possiamo fare osservando le diversità somatiche e comportamentali delle popolazioni, per esempio, cercando di capire perché i cinesi hanno tutti gli occhi tirati o perché gli svizzeri sono più organizzati e ordinati rispetto agli italiani… Le diversità sono frutto di modificazioni per adattamento all'ambiente avvenute attraverso centinaia e centinaia di generazioni. I cinesi devono difendere gli occhi dai venti del deserto. Gli africani non nascono neri ma mulatti. Poi entro le ventiquattro ore dalla nascita, il pigmento melaninico si annerisce con la luce. Attraverso il tempo avviene una modificazione genetica e i caratteri diventano ereditari. Nell’arcipelago delle Midway gli uomini nascono senza la barba e sopracciglia perché per molti secoli, vivendo all’ombra delle foreste, si sono strappati i peli e, nel tempo, anche questo è diventato un carattere ereditario.
Ritornando alle api, se non riconoscono il rosso, non vanno nel campo di papaveri. Allora come s’impollinano i papaveri? Il papavero ha un impollinazione autoctona perché il fiore è pendulo. Ha al centro una cassula ricca di semi e uno stelo molto sottile che al primo soffio di vento oscilla spargendo i semi che vanno a riprodursi da soli.
Vi ho dato queste provocazioni partendo dall’ape, passando per i fiori per arrivare ora alla ninfea "Victoria" che ha fino a quindici foglie e ognuna ha una dimensione di due metri e mezzo e riesce a sostenere fino a 45 kg di peso a foglia, perché ogni foglia è ricurva e ha i bordi. Sopra è cerata e galleggia, sotto è spinosa per cui non si possono accostare neanche le rane. Però i fiori hanno l’abilità di emettere un profumo straordinario simile a quello dell’ananas per attirare a distanza. La ninfea è capace, quando è fecondata, di scendersene sott'acqua in attesa che il seme maturi per concederlo all’acqua che lo porta altrove diffondendolo.
A Londra fu costruito il Crystal Palace, il Palazzo delle Esposizioni sul modello della foglia della ninfea "Victoria".
Questi sono spunti che la natura ci dà perché l’uomo ne tragga delle conseguenze che sono di altissimo vantaggio sia dal punto di vista simbiotico, sia dal punto di vista di adattamento, sia dal punto di vista progressivo perché l’uomo manipola e attiva un processo che solo lui e l’ape sono capaci di fare, quindi non si mettono in un atteggiamento passivo, ma operano. L'ape non può operare per il gruppo se non c’è la collaborazione di tutte le bocche delle cento api che si scambiano il nettare, mettendoci ognuna il suo enzima! Quindi, la famiglia delle api per sopravvivere si unisce compatta e collabora in armonia facendo squadra… proprio come facciamo noi!
Ma perché gli animali sviluppano sistemi così raffinati e in altre occasioni, poi, scatenano lotte competitive? Gli animali combattono, come le api che vanno a rubare il miele prendendo però di mira solo gli alveari più deboli che sono già in fase di estinzione.
Perché l’uomo non si rende conto di questo? Dobbiamo cercare di non riferirci all’uomo in generale, ma a ognuno di noi e vedere se veramente crediamo in questo rapporto simbiotico e comunicativo che funziona così bene con le api.
Ma quanto miele devono produrre le api per soddisfare il loro fabbisogno e quello dell’uomo che ne consuma in quantità industriale? La natura è generosa! Quelli che prendono il favo di miele ne lasciano una quantità sufficiente perché le api in inverno possano mangiare e riscaldare l’alveare perché il miele è anche esotermico.
C’è il pericolo che le api si estinguano? Le api si stanno già estinguendo perché sono sensibilissime all’inquinamento e, anche se cerchiamo di riprodurle artificialmente, non riusciremo mai a sostituirle nella loro complessità. Le api, oltretutto, differenziano i propri compiti. Fanno un lavoro a catena.
La vita delle api sembra quasi fantasiosa, invece è scientifica, allora perché anche l’uomo non è capace di organizzarsi a beneficio di tutti, ma si scontra invece con gli altri? La capacità è la potenzialità e gli uomini in potenza sono molto più capaci delle api di unirsi, perché hanno una comunicazione consapevole, mentre l’ape ha una comunicazione inconsapevole, solo istintiva, ma noi non traduciamo la capacità in attitudine. Se abbiamo la possibilità di sperimentare un rapporto simbiotico con un'altra persona, ci rendiamo conto che produciamo un effetto cento volte più forte.
Le relazioni tra le persone possono essere anche oppositive, di scontro, che fanno sprecare una quantità di energie, come nelle guerre dove alla fine non ci sono né vincitori né vinti, ma solo morti e macerie dall’una e dall’altra parte. Ma i governi continuano a investire per gli armamenti che costano milioni di euro all’ora e non investono per lo sviluppo economico e sociale per cui poi si elemosina il reddito di cittadinanza. Le api queste cose non le farebbero mai!
La forma esagonale delle cellette dell’alveare che funzione ha? L’esagono permette la penetrazione della luce fino in fondo, ed è corrispondente alla sagoma delle api consentendo loro di entrare e uscire.
Sant’Agostino parlava delle ragioni seminali, cioè delle realtà che emergono con delle predisposizioni evolutive capaci di adattarsi a mille situazioni per cui le api italiane si sono adattate all’Italia, quelle spagnole alla Spagna e così via. Ma anche noi, nel tempo, ci siamo adattati e continueremo a farlo. Difatti, i primi uomini erano molto diversi da come siamo noi oggi.
Ma è possibile che lo sviluppo eccessivo della razionalità ci abbia fatto perdere contatto con l’istinto naturale? In psicanalisi si dice che la razionalizzazione è stata la rovina dell’umanità. Difatti, tutto ciò che funziona naturalmente, funziona bene come, per esempio, i reni che filtrano circa due quintali di sangue al giorno scartando le emazie morte dalla vescica che vengono poi scaricate con la pipì, perché se si depositano nel sangue, l’ossigenazione non avviene e il sangue circolerebbe a vuoto nelle nostre vene e arterie senza portare l’ossigeno in quanto è l’emoglobina che cattura l’ossigeno. Nel corpo funziona tutto bene perché non ci mettiamo il cervello. Il corpo fa tutto da solo.
Come mai, pur essendo così razionali, siamo così stupidi accumulando armi per fare le guerre e distruggerci a vicenda? Da dove nasce questa stupidità che non si estingue ma anzi cresce? Uno dei motivi è la scarica aggressiva. Qualche settimana fa abbiamo fatto delle riflessioni su "Educazione e democrazia" di John Dewey (pedagogista e filosofo). Questo binomio significa che se il soggetto può crescere bene secondo la sua istanza naturale, non subisce frustrazioni e non sviluppa cariche aggressive. Se il processo evolutivo educativo non avviene perché il contesto è oppositivo, succede che il soggetto cresce con una buona dose di frustrazione producendo aggressività che scarica appena possibile. Ma se non trova il bersaglio per scaricare l’aggressività, la ritorce su se stesso incrementando frustrazione su frustrazione e aggressività su aggressività.
Quindi, al governo c’è una... concentrazione di frustrati visto i loro comportamenti aggressivi e le politiche a favore delle guerre? Su questo argomento sono state fatte moltissime analisi, perché la persona che non si autogestisce pensa che sia più facile gestire la vita degli altri. Normalmente, quelli che esercitano il potere sugli altri sono persone che non hanno nessuna capacità di gestire la propria esistenza. Quindi, una persona che si svuota di sé ha il massimo della frustrazione per cui arriva al colmo dell’aggressività e impedisce agli altri di esistere per quel che sono facendo leggi sempre più restrittive fino a togliere loro il diritto di esistere.
In riferimento a questi contenuti, il giornale "Adista" in un articolo, ha pubblicato la motivazione di adesione dell’Associazione "La Mano sulla Roccia" alla Fondazione "E' stato il vento" per far rinascere Riace”: "Errore diffuso tra gli uomini è considerare illegale ciò che la natura concede generosamente: la vita nella molteplicità delle sue forme. A Riace ha preso forma una vita. La legge non ha nessun diritto di sopprimerla. Fondamento del diritto è accompagnare la vita nella sua direzione lungo il percorso evolutivo: ogni impedimento è abuso di potere. In una società dove l’abuso è norma ogni opposizione è ripristino del diritto. Ti pare che pensa male chi crede che un filo d’erba vince sul cemento armato!? Per questo aderisco pienamente al movimento sorto a Riace".
Queste sono parole pesanti che ci devono far riflettere su un sistema che noi stessi sottoscriviamo. Però, se ognuno di noi si organizza e si unisce ad altre persone che vogliono modificare questa realtà, allora il cambiamento diventa possibile.
Se a piazza Tienanmen fosse andata una sola persona contro i carri armati, avrebbe solo rinforzato il potere. In India, un milione e mezzo di persone si organizzarono con la marcia del sale e senza fare la guerra mandarono via gli Inglesi... In Francia i Gilet gialli stanno in piazza contro l’aumento del carburante… In Italia nulla succede perché ognuno pensa solo per sé.
Cosa possiamo fare noi oggi per migliorare una società che nasce da una politica che crea alleanze di convenienza bloccando il progresso e l’evoluzione dell’Italia? Si possono trarre diverse conclusioni come: l’adattamento, il progresso, la simbiosi e anche il compromesso che se è operativo, è funzionale.
Se in piazza ci va uno solo, rinforza il nemico, ma se prima di scendere in piazza quel singolo riesce a convincere altre cento persone, la situazione allora cambia completamente.
Le api collaborano tutte insieme mettendo ognuna il proprio enzima per proteggere il miele e farlo restare incorruttibile. Queste cose le possiamo fare se ci mettiamo un po’ di sale in più nel condimento delle nostre parole perché ognuno di noi, essendo profeta, può trovare il modo di trasmettere la convinzione all’altro se corredata dall’apporto del proprio "enzima".
Il cristianesimo all’inizio si è presentato come un granellino di senape, come fermento nella massa, poi piano piano, si è inserito nel processo sclerotizzante del potere statico e, diventando una religione, non è stato più lievito nella massa, non è più “argento vivo”, ha perso il mordente.
C’è un bel libro uscito da poco che parla di Dante Alighieri come pioniere in difesa della fede e della libertà dell’uomo, libertà che Dante ha pagato con l’esilio, ma chiunque vuole essere libero diventa esule.
Ma se l’uomo libero rimane da solo come fa ad aggregare? Non può perciò deve comunicare.
Perché l’uomo non riesce a mettersi al servizio degli altri per il bene di tutti? Forse per la paura di perdere qualcosa o per la paura della morte? Come sorge la paura?
La paura è un derivato della consapevolezza. Il gattino non ha paura del buio e si addormenta tranquillamente. Se avverte il pericolo trova il sistema per difendersi, ma è una difesa alla presenza del pericolo. Invece, l’uomo ha paura, ma questa è un invenzione proiettata, cioè significa che inventa la pericolosità e ne ha paura, quindi è un elemento proiettivo in conseguenza della consapevolezza. L’uomo ha paura della morte anche se non sta morendo. Già Seneca diceva che se c’è l’uomo non c’è la morte e viceversa. Allora che motivo c’è di avere paura della morte? Oltretutto la morte è strettamente coniugata con la vita, cioè il vivere è un morire continuo perché se non c’è il metabolismo non c’è vita e il metabolismo intrinsecamente comporta la morte non quella finale, ma nel processo quotidiano. Però questo discorso è difficile.
E' vero che la paura nasce dalla consapevolezza della morte, noi però ci possiamo irrobustire (ovviamente in modo diverso) facendoci gli anticorpi come il Re Mitridate che assumeva ogni giorno un po’ di cicuta per non morire avvelenato. Con i tempi che corrono, oggi bisogna farsi una bella scorza per non essere scalfiti dal sistema che cerca di deprivare la persona della propria dignità e che ormai con i mezzi di telecomunicazione invade ogni spazio intimo. Abbiamo perso la morbidezza d’inventarci la vita, correndo dietro a quello che ci obbligano a fare, perdendo la libertà di fare quello che veramente vogliamo. Allora, per evitare di fare salti nel vuoto, dobbiamo cercare di fare il compromesso operativo come in natura il fiore prende le forme e l’odore della femmina delle api per raggiungere lo scopo di mantenersi in essere. Quindi, anche noi dobbiamo cercare nelle situazioni difficili di trovare il modo per non soccombere al sistema.
Gesù, quando seppe che Erode aveva fatto uccidere il cugino Giovanni Battista, se ne andò da Gerusalemme perché altrimenti avrebbero ucciso anche Lui. Andò a predicare altrove. Fu un compromesso operativo, non una fuga, ma un modo per non dare all’altro maggiore forza.