Associazione "La Mano Sulla Roccia"

3° INCONTRO DEL 02-12-2019 L'UMANIZZAZIONE DI DIO

Presentazione del saggio di Josè Maria Castillo da parte del Prof. LORENZO TOMMASELLI, curatore del volume.

 

Questo libro non è una copia del precedente "L'umanità di Gesù". In questo testo Castillo amplia notevolmente le prospettive. Risale al 2010, quindi ad epoca precedente Papa Francesco ed è stato scritto per affrontare l'argomento con una certa completezza anche se non si finisce mai di dire qualcosa su Dio e sulla Sua umanizzazione.

Anche noi siamo divinizzati, però sull'umano di Gesù... Questo è un testo che dovrebbe essere letto non solo dai cristiani maturi, ma ovviamente anche da coloro che hanno la responsabilità di guidare la comunità. Dovrebbe entrare nelle facoltà teologiche, ma fa qualche fatica a penetrare in questi ambienti. Può risultare anche provocatorio, ma noi abbiamo bisogno di qualcosa che provochi perché come Chiesa stiamo vivendo una situazione molto difficile già da prima di Papa Francesco. Quindi, bisogna vedere le cose per quello che sono.

Il dato di fondo che Castillo ripete continuamente è che noi non possiamo conoscere Dio in sé. Nessuno può dire di conoscere Dio così come noi ci conosciamo stasera. Noi diciamo che Dio è mistero e i filosofi in questo ci aiutano. Dio sta in una sfera che chiamiamo trascendente e che va completamente al di là di quello che siamo noi, quindi, con tutta la buona volontà, non possiamo arrivare a conoscere Dio in sé con la stessa conoscenza che abbiamo tra di noi. Noi ci conosciamo perché siamo tutti sullo stesso piano. Nella storia del cristianesimo, per i motivi più vari, è avvenuto che per raggiungere il divino si è disprezzato l'umano, cioè il corpo e tutta una serie di cose. Questa è una grande... boiata perché l'incarnazione o l'umanizzazione è l'esatto contrario. Noi crediamo in un Dio che si è fuso e confuso con l'umano. Ora, l'umano puro non esiste (anche Hitler era un umano), ma noi stiamo parlano dell'umano che Gesù ci ha testimoniato, cioè la capacità estrema di amore, di dono all'altro.

"Figlio dell'uomo" è il titolo che Gesù si dà, cioè l'uomo che arriva al massimo livello di donazione.

"Non c'è amore più grande che dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13).

D'altronde, quello di amare è l'unico comandamento (che poi comandamento non è perché tutto si può comandare tranne che amare). Non c'è neanche il nome di Dio citato perché "Ama Dio e ama il prossimo tuo" è un precetto della spiritualità giudaica. Gesù ha dato un unico comandamento definito "nuovo". L'aggettivo "nuovo" vuole dire non in continuità con il passato, ma completamente diverso: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati". (Gv 15,12). Non dice: "Vi amerò sulla croce", ma "come io vi ho amati". Allude alla lavanda dei piedi quando si cinse di grembiule e, pur accettando di essere chiamato "Maestro" e "Signore", dette l'esempio affinché anche gli altri si lavassero i piedi reciprocamente.

Il grande e indimenticabile Tonino Bello, vescovo di Molfetta soleva parlare di "chiesa del grembiule" ed ora con Papa Francesco, i grembiuli stanno venendo fuori. Grembiuli, non paramenti e liturgie che avranno pure la loro importanza, ma non possono stare al primo posto che spetta alla vita. Gesù è venuto a comunicare la vita, ma non solo quella dell'aldilà, ma quella di qua.

Se, quindi, non possiamo arrivare a Dio perché è l'Inconoscibile e il Trascendente, pensate a quello che dice il prologo di Giovanni che mette in stand by tutte le idee che si possono avere su Dio invitando a partire solo da Gesù: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato". Gesù, dunque ce lo spiega (e da questo deriva l'esegesi).

Quindi, quando noi diciamo: "Gesù è Dio", diciamo una cosa illogica perché è una frase predicativa, cioè è il predicato che dà sostanza al soggetto. Se dico: "La bottiglia è bianca", devo sapere il bianco che cos'è. Quando dico: "Gesù è Dio", io parto nel predicato, da quello che non so. Quindi, devo dire: "Dio è come Gesù", cioè io so di Dio perché Gesù ce ne ha parlato e ci ha testimoniato quello che Lui non chiamava poi "Dio", ma "Padre" e sappiamo che allora non poteva dire "Madre" perché nella concezione antica, era il padre che dava materialmente la vita.

Quando Giovanni Paolo I disse: "Dio è Madre", tutti (gli ignoranti) si scandalizzarono. Eppure, quel Papa non era un esempio di progressismo, ma disse una cosa che biblicamente era precisa e che, cioè, non possiamo attribuire un sesso a Dio. Nell'antichità si pensava appunto che fosse il padre a dare la vita e che la donna fungesse solo da scatola, perciò di Dio si dice "Padre", ma non perché sia... maschio.

Giovanni dice anche: "Il Verbo si fece carne" (1,14). Non dice: "Si fece uomo", ma col termine "carne" indica la condizione di debolezza intrinseca, cioè come siamo fatti noi con la nostra normale debolezza umana. Dio, quindi, si identifica non con l'uomo e la donna, ma col più profondamente umano. Questa è la grandiosità del messaggio cristiano.

Quindi, possiamo parlare di Dio partendo dall'umano perché è l'umano l'unica cosa che conosciamo. Non abbiamo mai telefonato a ... Dio! Noi possiamo conoscere direttamente solo quello che è alla nostra portata. Dio non è alla nostra portata e nessuno può dimostrare il contrario.

Quindi, se non si può partire da Dio stesso in sé, come si fa a dire qual è l'ontologia di Dio? Noi conosciamo la nostra. Sappiamo che siamo fatti di ossa, di cartilagine, ecc.. Ma come si fa a dire chi è Dio? D'altronde l'unica definizione del Nuovo Testamento è che "Dio è amore", ma non è definito ontologicamente, cioè parlando col linguaggio che è tipico della cultura greca, è "dinamismo d'amore". Gesù, infatti, che cosa ha incarnato? L'amore fino al dono di sé. Questo è Gesù Cristo.

Ora mettiamo al centro della nostra riflessione l'umano perché noi, nell'umano di Gesù, troviamo il divino in quanto non sappiamo che cos'è la divinità di Gesù se non partendo dalla sua umanità. In effetti, la formula tradizionale "vero Dio e vero uomo" questo vuole dire: che sono inscindibilmente legati. Però, se ci pensate, facciamo più difficoltà ad accettare un Gesù profondamente uomo che un Gesù Dio. Sulla divinità di Gesù molti non trovano problemi, però Lui non solo è stato uomo come noi, ma ha vissuto tutte le difficoltà, tranne il peccato, come si dice nella lettera agli Ebrei. Significa che Gesù non ha mai fatto scelte che potessero danneggiare l'altro e anche questa è una grandissima novità: il peccato per Gesù non è un'offesa a Dio. Non trovate alcun passo nei Vangeli in cui Gesù dice di chiedere perdono dei peccati. Gesù vuole qualcosa di più... tosto: quello di chiedere perdono all'altro, anzi di darlo prima il perdono.

"Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono". (Mt 5,23-24).

E' molto più tosto. Confessarsi con Dio è comodo! Io trovo osceno l'atto di dolore, per esempio, anzi blasfemo. C'era da sceglierlo tra nove formule. E' stata scelta la peggiore, quella che è veramente contraria al messaggio di Gesù. Dice tra l'altro: "Peccando ho meritato i Vostri castighi". Dove si legge mai nei Vangeli che Gesù parla di un Dio che castiga? E poi: "Ho offeso Voi"... No, il peccato è l'offesa che si fa all'altro perché Dio è amore infinito. Quindi, con il massimo rispetto, anche qui bisogna avere la forza di abbandonare certe cose. E' chiaro che se una persona vuole continuare a recitarlo, non è che le si può imporre di non farlo. Però riflettiamo: non dobbiamo aspettare che ce lo dica il parroco. Abbiamo la testa per ragionare.

"Fatti non foste a viver come brutima per seguir virtute e canoscenza" - leggiamo nel XXVI canto dell'Inferno di Dante.

Qual è lo scopo della venuta di Gesù sulla terra? Ci è venuto a salvare? Partiamo dalla Sua esperienza reale. Il centro della Sua predicazione è il Regno di Dio. L'evangelista Marco inizia proprio con queste parole quando Gesù comincia a predicare.

Il grande studioso dialettologo Renato De Falco (purtroppo deceduto), lo ha tradotto in dialetto napoletano: "Quanno Giuvanne fuje arrestato, Gesù Cristo jette 'a Galileja pe' prereca' 'o Vangelo 'e Dio. E diceva: "E' venuto 'o tiempo, è arrivato 'o Regno 'e Dio. Pirciò, cagnate cape e crerite a 'o Vangelo".

Quel "Cagnate cape" detto con un termine difficile, è la metanoia. In che senso? Nei rapporti con gli altri. Perché in quelli con Dio, Lui ci ha già perdonati. E' nei rapporti con gli altri che noi dobbiamo cercare di portare l'amore e questa è la cosa più difficile.

Qual è il centro di tutto? Il Regno di Dio! Perché si dice "regno"? Innanzitutto perché ai tempi di Gesù non si poteva dire "repubblica" in quanto non esisteva. Quindi, Dio veniva visto come Re. Però già nell'Antico Testamento era considerato un re particolare che tutelava gli elementi più deboli della società, per esempio, gli orfani e le vedove. Solo che allora come Regno di Dio era considerato Israele che formava una società giusta, ma solo per sé, perché poi dominava i suoi nemici.

Gesù, invece, possiamo dire che adotta non la forza centripeta che va verso il centro che è Israele, ma la forza centrifuga che va verso gli altri. Il Regno di Dio è aperto a tutti gli uomini di tutti i tempi. Questa è la grande novità. Gesù diceva: "A voi è dato di conoscere il mistero del regno dei cieli" (Mt 13,11). Qual è questo mistero? E' l'amore universale del Padre che non esclude nessuno, nemmeno... Totò Riina il quale non ha accettato questo amore e si è comportato in un certo modo. Questa è la differenza, ma l'amore del Padre non esclude nessuno. E' l'"Abbà", il papà, un Dio che non castiga, che non ti fa sentire male, è una Persona sulla quale puoi sempre contare.

Gesù ci fa fare un esodo dalla religione alla fede perché nella religione (con rispetto parlando) le cose si fanno per Dio. Invece, con Gesù si instaura un nuovo rapporto con Dio perché il Padre non vuole niente per sé, ma solo donare. L'Eucarestia che è giustamente definita dal Concilio "fonte e culmine", non è un atto di culto a Dio che non ha bisogno di alcun culto, ma l'unica cosa che ci chiede è quella di prolungare il Suo amore a tutti gli altri. Nell'Eucarestia noi ci rifocilliamo.

"Io sto in mezzo a voi come colui che serve"... (Lc 22,27). E' come se Gesù si mettesse il grembiule e servisse ognuno di noi. Questo è il senso dell'Eucarestia. Non è dunque un atto di culto verso Dio che non ne ha bisogno. L'unico "culto" è quello di adorarlo con amore fedele "in spirito e verità", come Gesù disse alla Samaritana (Gv 4,23). Questa è l'unica cosa che vuole il Padre. Quindi, se l'Eucarestia è vissuta come culto in sé, è chiaro che questo tradisce quella che è la volontà di Gesù perché vuol dire pensare di risolvere tutto andando a Messa.

Alcuni miei amici preti, al termine della Messa, invece di dire: "La Messa è finita", dicono: "La Messa non è finita", cioè non è che uscendo dalla Messa possiamo vivere come se niente fosse.

Se la società fosse veramente cristiana, sarebbe una società migliore. Invece, noi ci troviamo con un cristianesimo senza... Cristo, cioè senza le scelte di Gesù. E quali sono state queste scelte? Pellegrinaggi? Processioni? No! La religiosità di Gesù era fatta di preghiera che per Lui era fondamentale, ma attenzione: la preghiera, non le preghiere. Ognuno può certamente recitare le preghiere che vuole; per Gesù la preghiera era quella di stare continuamente in contatto con la fonte d'amore che è il Padre. Quindi, la preghiera è importante. Tutti pregano, anche gli atei, ma la preghiera è un atteggiamento interiore in cui solo il Padre può entrare.

"Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà"... (Mt 6,6).

Allora, quali sono state le preoccupazioni di Gesù? Visto che ha spostato il centro del religioso perché ha tolto Dio dal tempio e lo ha messo nelle relazioni umane, per Lui l'edificio sacro non c'è perché l'unica cosa sacra e inviolabile, l'unico edificio sacro è l'uomo (e la donna). Senza parlare poi dei paramenti sacri, ecc.: non esistono!

"Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati"... (Gv 15,12).

E che ha fatto Gesù? Tre sono i punti cardine delle azioni che Gesù ha fatto:

1) Curava gli ammalati. Non era un medico, ma se ne prendeva cura.

2) Condivideva il cibo. In molte pagine del Vangelo troviamo Gesù che mangiava con gli altri. Altro che asceta! Lo chiamarono "mangione e beone" (Mt 11,19) perché lo stare a tavola è il momento del cibo condiviso e, d'altronde, l'Eucarestia diventa simbolo di questa realtà.

3) L'amore e le relazioni umane.

Tutto questo è riassunto in una pagina di Vangelo che, in genere, è mal tradotta e non è quasi mai trattata nelle catechesi: mi riferisco alle "beatitudini" (Mt 5,1-12). Tutti conoscono i 10 comandamenti che appartengono alla spiritualità giudaica e di cui probabilmente abbiamo ancora bisogno perché non siamo passati ad un livello più alto. Però Gesù supera i comandamenti con le beatitudini che sono il Suo grande programma.

Quando all'inizio del pontificato, Papa Francesco andò in Brasile per la giornata della gioventù, disse: "Giovani, ricordate due cose del Vangelo: le beatitudini e Matteo 25 (il giudizio universale), cioè l'amore per gli altri". Potremmo riassumerlo in una meravigliosa frase di Sant'Agostino: "Ama e fa' quello che vuoi" (non: "Fai quello che vuoi e ama, ma tutto quello che fai, fallo con amore").

Pensate alla prima beatitudine: "Beati i poveri di spirito"...

"Poveri di" in italiano vuol dire: "mancante di", ma il testo non vuole dire questo. "I poveri per lo spirito" sono quelli che non diventano poveri per scelta (altrimenti la povertà non finirebbe mai), ma scelgono di condividere quello che hanno. Questo è ciò che chiede Gesù e non solo al singolo, ma ad una comunità perché questa scelta non può farla una persona sola. Quello che chiede alla comunità è la condizione necessaria e sufficiente perché poi ci siano tutte le altre beatitudini.

La prima è al presente "Beati i poveri per lo spirito perché di essi è il Regno dei Cieli" (che non è il Paradiso). Nel Vangelo di Matteo c'è una particolare attenzione verso dei credenti che provenivano dal giudaismo e che non pronunciavano mai il nome di Dio che è equivalente al Regno di Dio, cioè alla società alternativa nella quale hanno stabili sedi la giustizia e la fraternità. In effetti, i valori... della nostra Costituzione che sono una profezia laica. Ovviamente, le beatitudini sono qualcosa di più, ma la base è quella. Invece, per secoli, il Regno di Dio veniva identificato come il Paradiso, ma Gesù è venuto per l'aldiqua...

Durante l'anno liturgico, il brano delle beatitudini viene letto solo nel giorno della festa di tutti i Santi e poi una domenica per annum. Cioè, quella che è la magna charta del programma di Gesù, la sentiamo solo due volte all'anno mentre dovremmo saperla a memoria. Questo è il problema di fondo! Le "beatitudini" le troviamo in Matteo (5,1-12) e in Luca (6,17-23), ma è più conosciuto il brano di Matteo.

"Poveri per lo spirito"... Lo spirito quando è riferito a Dio, lo chiamiamo "santo" . Lo spirito opposto viene detto "impuro" nel Vangelo. E' posseduto da uno spirito impuro chi ha un'ideologia fanatica di violenza. Gli indemoniati sono appunto posseduti da un'ideologia fanatica, e Gesù li libera dal loro fanatismo e non solo dai problemi psichici.

"Poveri per lo spirito" vuol dire qualcosa che c'è dentro e che li spinge ad agire. Gesù non ha mai detto che i poveri sono beati. I poveri vanno tolti dalla loro condizione di povertà. Viceversa, sarebbe perpetuare la povertà. Gesù non vuole la povertà. Vuole la condivisione...

C'è stata la condivisione dei pani e dei pesci, non la moltiplicazione. Gesù non fa il prestigiatore. Si è condiviso come avviene quando si fa una festa e ognuno porta qualcosa e nessuno rimane senza mangiare. Quello è successo...

Abbiamo visto, dunque che Gesù ha quelle tre preoccupazioni. Ma quali sono stati i Suoi avversari? Le autorità politiche? No! Sono state le autorità religiose del tempo che non potevano sopportare che una persona senza credenziali, senza aver frequentato una scuola teologica, operasse e facesse quei segni che faceva. E allora che succede? I Farisei si scontrano con Gesù ripetutamente e poi decidono la Sua morte. Caifa dice: "E' meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera" (Gv 15,50). Gesù, quindi, viene ucciso e qui c'è una cosa che Castillo approfondisce: dire che Gesù è morto per i nostri peccati è una grossa sciocchezza. C'era anche una canzoncina che diceva: "Gesù mio, con dure funi come reo, chi ti legò? Sono stati i miei peccati. Gesù mio, perdon, pietà".

E' oscena perché non è vero. Gesù è stato messo a morte dall'autorità politica, da Ponzio Pilato. Però al di sopra di lui c'era l'autorità religiosa. Gesù fu processato due volte. La prima dal Sinedrio per blasfemia, cioè per essersi proclamato Figlio di Dio. La seconda volta da Ponzio Pilato al quale, però, quell'accusa non avrebbe fatto né caldo né freddo. Tutt'al più lo avrebbe considerato come uno dei tanti pazzi che si proclamavano Messia. Venne allora accusato di voler diventare simile a Cesare, cosa che per il diritto romano era considerato un crimine di lesa maestà. Questo lo sappiamo anche dalla scritta I.N.R.I. messa sulla croce che vuol dire: "Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum (Gesù Nazareno Re dei Giudei). Gesù non era re, ma quella fu l'accusa storica e vera. La vera causa, quindi, fu la Sua predicazione che dava fastidio al potere religioso che decise in questo modo di toglierselo di torno. Le autorità religiose, però, non avevano la facoltà di uccidere perché lo jus gladii che consentiva le condanne a morte, era di competenza dei Romani che mandavano alla crocifissione, cioè alla morte più infamante, i ribelli politici.

E qui bisogna pensare molto a quello che scrive Castillo a proposito del significato deteriore che ha avuto nella spiritualità cristiana, la teologia della croce. Bisogna interpretare rettamente. Quando Gesù invita a seguirlo: "Se qualcuno vuole venire dietro a me...", dice: "Se", perché uno potrebbe anche non accettare quest'invito e continuare a vivere in pace con la sua coscienza. Gesù rispetta le decisioni. Noi siamo cristiani... anagrafici: tutti battezzati!

Ma Gesù ci chiama a fare una scelta: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23). Rinnegare se stesso non significa rinnegare la propria personalità, bensì le proprie ambizioni di potere perché con Lui non si fa carriera. Caricarsi della croce non vuol dire andare a morire, ma poiché quella della croce era la pena più infamante, chi lo vuole seguire deve sapere che come Lui sarà emarginato e disprezzato, deve, cioè, essere disposto al discredito. Non c'è alcun accenno nei Vangeli in cui si colleghi la croce con la sofferenza. Dio non vuole la sofferenza dell'uomo nella maniera più assoluta. Ovviamente si è anche liberi di... flagellarsi, ma non è questo che vuole il Dio di Gesù. Troppe volte si è equivocato causando danni alle persone che è facile immaginare. E' stata presentata una spiritualità grottesca, chiusa alla gioia. Papa Francesco ha scritto l'Evangelii gaudium (la gioia del Vangelo)!

L'unica cosa che chiede Gesù è la rinuncia al potere per poter servire gli altri. Certo, è più facile flagellarsi... Del resto anche tanti pseudo santi usavano il cilicio, ma poi? Noi dobbiamo verificare tutto alla luce del Vangelo. Ora proprio sulla morte di Gesù sono nate delle interpretazioni sbagliate perché un conto è il fatto storico della condanna e della morte in croce, un altro conto è quello che i primi cristiani si sono trovati davanti. Loro credevano fermamente che quel Gesù che era stato ucciso era il Signore perché avevano avuto l'esperienza della resurrezione, ma come potevano proporre alla società giudaica e, ancor meno, ai Romani, un Dio crocifisso? Nell'Antico Testamento si diceva: "Maledetto chi pende dal legno" (Dt 21,23). Quindi, quella di Gesù era considerata la morte di uno scomunicato. Come fare allora per proporre Gesù come Figlio di Dio? Hanno dato un'interpretazione teologica presentando la morte di Gesù come voluta da Dio. La cosa è iniziata piano piano. In Paolo c'è qualche accenno, ma si è arrivati all'apoteosi di questa affermazione col filosofo Anselmo d'Aosta o di Canterbury che scrisse in un librettino intitolato: "Cur Deus homo?" ("Perché Dio è diventato uomo?") che poiché il peccato è un'offesa a Dio che è l'Ente Supremo, la riparazione a tale offesa poteva essere fatta solo da qualcuno che provenisse dal seno del Padre. Ecco perché era necessario il sacrificio del Figlio!

Ora vi rendete conto che questa è una cosa abominevole, oscena, blasfema... Significa sfigurare il volto di Dio il quale dà prova della... Sua esistenza proprio perché non è mai venuto a punirci nonostante tutto quello che gli abbiamo attribuito nel corso dei secoli. Gli abbiamo fatto benedire guerre, torture, stupri, cioè cose che non attribuiremmo a nessuno. In pratica, abbiamo detto di Lui tutto il male possibile! Ma Lui non ha reagito. Abbiamo fatto le crociate... I nazisti avevano come motto: "Dio con noi"... Perché tutto questo? Perché avevamo di Dio un concetto astratto. Non era il Dio di Gesù.

Dio non poteva, ovviamente, volere la morte del Figlio, ma purtroppo, questo trova ancora spazio nella liturgia e fa fatica a venire meno proprio perché richiede il cambiamento di mentalità che Papa Francesco sta cercando di portare nella Chiesa, anzi, nelle Chiese, perché questo Papa ha un'autorità riconosciuta anche dalle altre Chiese mentre l'ortodossia si spacca al loro interno. Il Patriarca di Costantinopoli e quello di Mosca si sono scomunicati a vicenda. Il Papa ha superato le scomuniche e per questo viene visto come un elemento di unità. Questo è il papato: servire, e questo viene contestato a Papa Francesco, non le eresie, perché sul suo esempio anche i cardinali dovrebbero rinunciare alle croci preziose e ai privilegi. Per Gesù l'unica eresia è il non amare. Non ne esiste un'altra proprio perché quella di Gesù non è una religione, ma un progetto di vita. Ma quando si interpreta il messaggio di Gesù come una religione, queste sono le conseguenze.

Un'altra cosa fondamentale è questa: collocare il peccato nella sua giusta dimensione. Certo che c'è il peccato! Certamente non quello originale perché Adamo ed Eva non sono mai esistiti, ma c'è chi continua a sentire questo dai catechisti... Allora l'istruzione e la cultura sono importanti anche in campo religioso. Il male è un'altra cosa. Tra poco ci sarà la festività dell'Immacolata che è la celebrazione della grandezza di Maria. Ma non è che solo Maria sia nata senza macchia. Siamo tutti nati senza macchia. Quindi, anche noi dobbiamo essere "immacolati", ma respingendo il male, evitando di fare del male agli altri, e non parlando di un dogma che oggettivamente è vuoto. I dogmi hanno la loro evoluzione. Infatti, partendo dai dogmi, Castillo, in questo libro, affronta più ampiamente la questione. Il problema del cristianesimo è che noi abbiamo cronologicamente prima le lettere di Paolo e poi i Vangeli, cioè i primi cristiani si sono formati più secondo gli insegnamenti di Paolo che di quelli del Vangelo. Negli scritti di Paolo ci sono delle cose meravigliose, come la kenosis, cioè lo svuotamento di Dio, l'inno alla carità, ecc., però Paolo non ha conosciuto il Gesù storico, non sapeva delle sue tre preoccupazioni, non sapeva chi lo aveva ucciso e, quando ha incontrato Pietro, non glielo ha chiesto, perché lui era interessato solo al Gesù risorto, Quello che ha superato la storia.

Ne derivano, allora, due concezioni diverse di Gesù. La radice è la stessa, ma il Regno di Dio con Paolo viene escatologicamente spostato nell'aldilà, mentre il Regno di Dio è qui. E' qui che ci dobbiamo impegnare per cambiare. Non esiste più quello che si diceva una volta: "Soffri, soffri, perché poi andrai in Paradiso". Questa non è una mentalità cristiana!

Qual è il centro del messaggio di Paolo? Il problema del peccato ha indubbiamente una sua validità, ma il problema di Gesù non è il peccato, bensì come eliminare e alleviare la sofferenza. Questo è il messaggio di Gesù.

"Passò beneficando"... (At 10,38). Invece, noi l'abbiamo messo sull'altare e questo impedisce la sequela. Come faccio a seguire una persona posta così in alto? Eppure Gesù ai discepoli dice: "Seguimi!". E l'ultima parola che Gesù rivolge a Pietro nel Vangelo di Giovanni dopo avergli chiesto per tre volte: "Mi ami tu?" è: "Seguimi!". (Gv 21,15-19).

Nel Vangelo viene citata più la sequela che la fede. Per noi, purtroppo, aver fede vuol dire obbedire a determinati dogmi, cioè l'abbiamo intellettualizzata. Ma avere fede è aderire al progetto di Gesù. E' dirgli: "Gesù mi piace quello che hai detto. Voglio vivere come te!" (ovviamente ciascuno nel proprio stato di vita). C'è una canzoncina che dice: "Amar come Gesù amò" che non è solo per i bambini, ma per tutti. Questo vuol dire assumere la vita di Gesù: comportarci come Lui ha fatto e condannando quello che Lui ha condannato.

S. Francesco d'Assisi tradusse questo in quella bella preghiera che inizia con: "Dov'è odio, fa' che io porti amore"...

Quindi, dobbiamo leggere il messaggio di Gesù non con gli occhiali della dogmatica e della religione, ma della religione alternativa che ha spostato Dio dal tempio chiuso e sacro, nella sacralità della vita di tutti i giorni.

Prima accennavamo ai riti che, presi come finalità in sé, ti tranquillizzano, ma non ti cambiano: "Sono andato a Messa, dunque, sto a posto!". Posso fare mille Comunioni, ma se non vivo il cambiamento, a che cosa mi servono?

Un'altra cosa trattata nei capitoli più belli del libro sono i dogmi cristologici. Sono iniziati nel IV secolo con il Concilio di Nicea. Il Credo che ancora recitiamo durante la Messa viene detto "Credo niceno-costantinopolitano", dai due Concili convocati, finanziati e controllati dall'imperatore (come se oggi Trump convocasse i Concili alla Casa Bianca e ne pagasse i costi). Quindi, la definizione dei dogmi relativi alla cristologia, era comunque condizionata dagli interessi dell'imperatore perché questi voleva un solo Credo che andasse bene per tutti.

Qual è stato l'effetto negativo? Che la storia di Gesù, cioè il Gesù concreto è stata spostata dando più spazio alle elucubrazioni sul Logos, usando i termini di "persona", di "natura", ecc.. La storia di Gesù così è diventata un fatto di intellettualità e non di concretezza.

Questo si deve sapere: bisogna riscrivere i dogmi in un'altra maniera perché anche la frase, centro della fede, "Gesù è vero Dio e vero uomo" va riformulata proprio tenendo presente quello che dicevamo all'inizio e che cioè Dio è come Gesù e non Gesù è come Dio perché di Dio non possiamo dire niente.

Un'altra cosa negativa, purtroppo, è stata la divisione tra i cosiddetti "precetti" e i "consigli" evangelici. I precetti sono i dieci comandamenti e valgono per tutti. I consigli, invece, sono considerati solo per quelli che scelgono la vita religiosa. Questa è un'altra cosa gravissima perché vorrebbe dire che Gesù ha fatto delle preferenze tra le persone. Papa Francesco, col suo modo spontaneo di fare, in una catechesi a Piazza S. Pietro, con un ampio gesto della mano che comprendeva anche lui, disse che siamo tutti uguali. Quindi, altro che "santità" e "santo padre"! Papa Francesco non vuole essere chiamato così. Ma pensate a quanto sia difficile non chiamare "eminenza" un cardinale! Però i laici sono spesso più bigotti dei preti e non riescono a dire solo "padre". Gesù addirittura dice:  "Non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo". (Mt 23,9). Questi sono titoli antievangelici! Quando l'attrice Veronica Mazza, durante la visita del Papa a Napoli gli chiese come volesse essere chiamato, il Papa rispose: "Francesco!", come avrebbe risposto Gesù: "Sono Gesù, il figlio dell'uomo!".

Il dato importante è il concetto ribadito da S. Ireneo e dai Padri della Chiesa: "Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi come Dio", cioè, l'incarnazione è in ognuno di noi. Dio non va cercato fuori, ma dentro di noi perché è lì che già c'è.

L'augurio che vi faccio è che ognuno cerchi all'interno di sé questo Dio e riesca a comunicarlo con il suo amore per gli altri. Io mi fermo qui e lascio la parola a voi.

- Come vedere la resurrezione?

Sulla resurrezione c'è una sorta di ipoteca di tipo intellettuale. Quello che sia successo nessuno lo sa. I discepoli, dopo la grande delusione e la paura che vivevano, hanno sperimentato che Gesù era vivo.

I Vangeli, se ci fate caso, non raccontano come sia avvenuta la resurrezione. Per intenderci: se avessero messo una... telecamera dinanzi alla tomba, questa non avrebbe ripreso nulla.

"Risorgere" significa letteralmente "sono steso e poi mi alzo".

Il termine "resurrezione" viene usato da Gesù quando parla con gli Ebrei di vita eterna che è un'altra cosa. Noi abbiamo, nella nostra mentalità, la scissione tra corpo e anima. Parliamo della salvezza dell'anima... La cultura ebraico semita non ha questa scissione. Quindi, significa che quando il nostro corpo (bios) morirà, noi non finiremo di vivere. Ognuno come persona, come identità, sarà immersa in questa grande promessa di Dio di cui non abbiamo prove, ma che è la vita definitiva, cioè la vita eterna. Questa è la resurrezione! Questo è ciò che ci aspetta: la beatitudine massima, la felicità più grande che non è come si dice "contemplare Dio per tutta l'eternità" come se si guardasse... un canale televisivo. Sono realtà che non possiamo precisare perché appartengono ad una sfera che ci sfugge, ma l'esperienza della resurrezione è chiarissima. Se oggi per strada qualcuno gridasse: "Alleluia! Gesù è risorto", al massimo si riderebbe di lui, ma S. Stefano per aver detto questo, fu lapidato! Perché? Perché significava che Dio, resuscitandolo, aveva dato ragione a Gesù e non ai Suoi uccisori.

Non dobbiamo dunque pensare che Gesù si sia alzato dalla tomba con il corpo o che abbia avuto un trattamento di favore. Gesù, "primogenito della nuova creazione" significa che la resurrezione, la vita eterna, è il grande dono del Padre, ma noi non possiamo dire com'è. Sant'Agostino diceva: "Canteremo in eterno l'alleluia". Certo, possiamo anche immaginarci così, ma sono modi di dire. Quello che è certo è che noi usciamo dalla nostra contingenza ed entriamo in una dimensione che al momento non è conoscibile.

Però una cosa voglio ribadire: nel Vangelo di Matteo, la beatitudine non è promessa solo nell'altra vita, ma in questa. Significa che noi questa beatitudine possiamo già viverla in pienezza su questa terra. Quando? Quando amiamo gli altri e pratichiamo il Vangelo, non quando pratichiamo il culto in sé. L'Eucarestia, come ho già detto, non è un atto di culto, ma un momento in cui Dio si mette al nostro servizio e ci chiede di metterci al servizio degli altri.

Ricordiamoci che nel Vangelo di Giovanni non c'è il racconto dell'istituzione dell'Eucarestia, ma quello della lavanda dei piedi...

Quindi, certo che c'è la resurrezione, ma della sua modalità non abbiamo prove se non il fatto che lo Spirito di Dio continua ad agitarci dentro. Anche le persone non cristiane Lo vivono comunque perché il messaggio di Gesù non mira a farci cristiani, ma uomini pieni (e quindi cristiani).

Gesù è venuto a liberarci, possiamo dire anche dal peccato, ma a liberarci soprattutto da tutto quello che ci disumanizza. Il senso del libro è questo!

- Ma di fatto non constatiamo ogni giorno che chi mette in pratica il messaggio di Gesù viene perseguitato?

E' Gesù che ce lo ha detto: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15,20).

Questo è il momento di passare da un cristianesimo anagrafico ad un cristianesimo di scelta. Quando Gesù incontra il giovane ricco (cfr. Mt 19,16-30, Mc 10,17-27, Lc 18,18-30), gli chiede di osservare i comandamenti perché il giovane è ebreo, ma i comandamenti si dividono in una parte relativa a Dio ed un'altra relativa agli uomini. Gesù gli ricorda solo questi ultimi perché l'elemento discriminante non è il rapporto con Dio, ma il rapporto con gli altri. Il giovane dice di averli sempre osservati. Allora Gesù gli dice: "Una sola cosa ti manca". Nella cultura giudaica "uno" equivaleva a Dio, quindi, Gesù non intendeva enumerare qualcosa, ma dire: "Ti manca l'essenziale", cioè se voleva dare senso alla sua vita, Gesù gli proponeva di vendere tutto ciò che aveva  e di darlo ai poveri (la condivisione) come poi fece S. Francesco (ma non necessariamente spogliandosi).

Il giovane se ne andò, ma Gesù comunque lo rispettò. Poi disse quella famosa frase: "Epiù facile infatti per un cammello passare per la cruna d'un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!", cioè: "Nella mia comunità non ci deve essere chi possiede e chi no". Anche il ricco va in Paradiso se si comporta bene, ma Gesù gli vuole proporre di dare un senso alla vita.

Pietro disse: "Chi si potrà dunque salvare?", cioè: "Chi può sopravvivere senza denaro?". Ma Gesù si riferisce all'accumulo. E' questo che non vuole! Quindi, come si fa oggi, alla luce del Vangelo, ad accettare un sistema che uccide? (come dice Papa Francesco). E' il capitalismo, il neoliberismo, ecc..

Questo è il Vangelo, ma per secoli lo si è letto in una funzione tranquillizzante: "La vita è una valle di lacrime. Preghiamo e andremo tutti in Paradiso". Invece, bisogna parlare di resurrezione, cioè di lotta, ovviamente non violenta, perché Gesù non ha fatto del male a nessuno, ma si è opposto al male. Gesù ci vuole felici, ma non a danno degli altri perché questo è il peccato.

- Ma Isaia non aveva già predetto la passione e morte di Gesù?

Che Gesù fosse "predestinato" a morire sulla croce è un'interpretazione. Quella del "servo sofferente di Jahvè" (Is 53) è la rilettura teologica che è stata fatta della morte di Gesù. Dio non voleva la morte di Gesù, ma non è intervenuto a salvarlo perché rispetta la libertà dell'uomo. Non è intervenuto neanche ad Auschwitz...

Quando Gesù dice: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!" (Mt26,39), è chiaro che sente tutto il peso della sofferenza. Gesù nell'orto degli ulivi ha provato veramente l'abbandono di tutti, però è andato fino in fondo e non ha mai esercitato un atto di violenza, tanto è vero che quando Pietro interviene con la spada, Lui lo ferma.

Vorrei citare anche Oscar Romero, vescovo di San Salvador, ucciso nel 1980. Proprio Castillo ha saputo da un prete che lo aveva incontrato il giorno prima del suo assassinio, che dopo aver fatto un discorso in chiesa in cui chiedeva ai soldati: "Cessi la repressione!", firmando così la sua condanna a morte, lo trovò pieno di paura. Quel prete ha riferito anche che Romero si sentiva "abbandonato da Dio". Ora è stato fatto santo, ma Gesù non chiede la santità, bensì la misericordia. Anche il Samaritano (Lc 10,25-37) viene portato ad esempio da Gesù, ma era un miscredente.

- Che dire dell'Immacolata Concezione? La Madonna non si autodefinì tale a Lourdes apparendo a Bernardette?

La rivelazione finisce con l'Apocalisse. Quella di Lourdes non fa parte della rivelazione.     

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